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La Grotta di San Michele

La Grotta di San Michele

Il monumento più rilevante del territorio olevanese è senza dubbio il santuario micaelico del mons Aureus, oggi Monte Raione.

Il complesso santuariale, tra gli insediamenti altomedievali meglio conservati in Europa, si struttura in due spazi funzionali differenti, uno interno alla Grotta dell’Angelo, l’altro esterno. Quest’ultimo si concretizza nella presenza di alcune strutture difensive che si trovano a mezza costa e sbarrano i sentieri che conducono alla grotta e in un monastero quasi all’imbocco dell’antro, il cosiddetto Giardino del Papa, di cui rimangono alcune strutture, di recente riportate alla luce. Si tratta di un piccolo insediamento formato da una chiesa monoabsidata e da alcuni ambienti disposti su due livelli. La prima fase dell’insediamento è ascrivibile al IX secolo mentre l’abbandono del cenobio si ebbe ala metà del XIII secolo.

Gli scavi in grotta hanno permesso di individuare una cospicua fase preistorica e protostorica, testimoniata da migliaia di reperti di grande interesse, in parte conservati presso il Museo nazionale di Pontecagnano. Fu, tuttavia, durante il Medioevo che la Grotta olevanese conobbe l’apice della sua fortuna.

All’interno della caverna si snoda un antichissimo percorso devozionale segnato da sette cappelle disseminate lungo un sentiero a partire da una altura poco distante dalla bocca della grotta, fino alla più completa oscurità nel ventre della montagna. Si tratta di un complesso unico nel panorama degli insediamenti altomedievali europei, un grande santuario altomedievale miracolosamente cristallizzato nelle sue fasi monumentali del IX e del X secolo, l’unico di questa importanza giunto sia a noi praticamente integro. Qui il fascino di autentici capolavori di un’epoca remota si unisce alla suggestione di un ambiente lunare: nella penombra della Grotta, affreschi e architetture rischiarati dal baluginio delle fiaccole, proiettano il visitatore al cuore dell’alto Medioevo. Intorno all’870 il santuario olevanese fu visitato dal monaco franco Bernardo e da due suoi compagni che lo ricordò nel suo Itinerarium. La testimonianza di Bernardo attesta il prestigio del santuario e il suo inserimento in questi anni nei flussi dei pellegrinaggi internazionali aventi come mete Gerusalemme e Roma. E questi santuari, luogo di incontri di pellegrini provenienti da ogni area dell’Occidente cristiano, giocarono un ruolo fondamentale nell’elaborazione dell’idea di Europa come oggi la intendiamo.

Le campagne di scavo condotte all’interno della Grotta tra il 2002 e nel 2015, permettono di indicare la proma fase di frequentazione medievale alla fine del VI secolo. Gli scavi hanno riportato ala l luce oltre 30000 reperti altomedievali tra i quali ben 12 flauti in osso del X secolo, 5 dei quali ancora perfettamente funzionanti. All’interno della caverna si può riconoscere una serie di interventi architettonici che interessarono i sacelli. La prima chiesa denominata comunemente “cappella dell’Angelo”, era in origine un semplice sacello formato dalle tre absidi precedute da un piccolo ambiente rettangolare coperto da un tetto a doppio spiovente al quale, in un secondo momento, si provvide ad un prolungamento delle quinte murarie laterali in vista della stesura degli affreschi, datati alla seconda metà del X secolo.

Nella seconda cappella è possibile individuare due fasi costruttive. La prima (datata tra VI e  VII secolo) è definita da un piccolo recinto murario, costituito da un ambiente quadrangolare cui si accede attraverso un avancorpo rettangolare.  Tra la fine dell’VIII secolo e i primi anni del IX  si elevò la muratura dell’ambiente quadrangolare fino a costituire un edificio a forma di cubo con tre finestre e un accesso, sormontato da una cupola conica mentre sull’avancorpo si innalzò un parapetto frontale culminante in un  timpano triangolare. Nel parapetto furono ricavate due nicchie decorate con stucchi e sul timpano fu realizzato uno splendido affresco raffigurante la Vergine Odighitria. Le altre cappelle mostrano una dinamica costruttiva analoga a quella del sacello affrescato e decorato con stucchi: ad un originario recinto, si giustappongono in una seconda fase strutture che conferiscono alle cappelle l’aspetto attuale. Una spazialità più complessa caratterizza l’ultima cappella del santuario olevanese. In base all’esame delle cesure murarie e al frontone superiore è stato ipotizzata già nella prima fase una edicola absidata sormontata da un timpano, circostanza che indica come già in origine il sacello doveva distinguersi per una architettura più articolata rispetto ai semplici recinti edificati in basso. Questa peculiarità venne rimarcata nella seconda fase, quando si innalzò la cappella attuale caratterizzata da un corpo centrale parallelepipedo absidato, sormontato da una cupola emisferica in filari regolari di tufo concentrici e preceduto da un più basso avancorpo rettangolare coperto da una semibotte.  La struttura conserva inoltre una fenestella confessionis cui si accedeva attraverso un deambulatorio ricavato dal primitivo recinto: uno scalino fungeva da inginocchiatoio per i pellegrini che si apprestavano alla visione delle reliquie.

E’ possibile ipotizzare, alla luce delle analogie di intervento osservabili nelle strutture murarie e degli scavi archeologici, che nella Grotta dell’Angelo si sia provveduto ad una riconsiderazione sincronica degli antichi recinti sacri, nell’ottica di un programma teso a conferire maggior prestigio al complesso rispetto all’insediamento santuariale originario. In questo stesso periodo (fine VIII secolo)  fu realizzato, inoltre, uno scalone monumentale che conduceva alle cappella dall’ingresso del santuario e si edificò un grosso ambiente a pianta rettangolare all’imboccatura dell’antro. L’edificio, probabilmente funzionale all’accoglienza dei pellegrini, si sviluppava su due livelli e presentava pareti interne intonacate.

Alla metà del IX secolo si edificò anche un piccolo edifico battesimale nei pressi dell’ingresso alla grotta. L’aula battesimale presenta una pianta quadrangolare. Nella parte settentrionale del vano si realizzò la vasca circolare, intonacata all’interno e all’esterno. Quattro fori al centro della vasca permettevano il fluire dell’acqua che veniva convogliata in un canale coperto da una voltina a botte .

Nell’ultimo quarto del X secolo, negli stessi anni in cui il vescovo di Salerno diventava signore delle terre di Olevano, si realizza nel santuario di San Michele un importante intervento che interessò la prima cappella e l’ingresso al santuario. L’antico scalone fu ricoperto di terra e si realizzò l‘attuale, in asse con il sagrato. Le mura laterali del sacello triabsidato furono prolungate e sulla loro superficie interna e in parte su quella esterna fu steso il ciclo di affreschi giunto pressoché integro fino ai nostri giorni.

Sulla muratura esterna un solo affresco introduce il pellegrino alla basilichetta: un personaggio, probabilmente un ecclesiastico, consegna un modellino della chiesa al Redentore accompagnato da San Michele che si pone come mediatore tra il committente e Cristo. E’ il solo accenno al ‘titolare’ del santuario (San Michele, appunto).

All’interno del ciclo di affreschi della cappella dell’Angelo è possibile enucleare due filoni narrativi, uno cristologico, l’altro che vede come protagonista san Pietro. Il programma iconografico in generale richiama in maniera compendiosa la perduta decorazione pittorica della celebre basilica costantiniana di San Pietro al Vaticano.

Ad Olevano, infatti, sono narrate le vicende della vita di Gesù dall’Annuncio dell’Angelo a Maria fino alla Crocifissione, come, in maniera certo più ampia, nella basilica romana.